(ANSA) - ROMA, 17 NOV - Donna indipendente e anticonformista.
Anima dalle fortissime radici culturali ma con una spiccata
vocazione europea. Talento nutrito dai più vivi fermenti
artistici del primo Novecento, capace di passare dalla carta
("il disegno prima di tutto", diceva) alla tela e ancora alla
materia (passando per il violino), con quelle sculture così
grandi che qualcuno dubitava fossero forgiate da mani femminili.
Troppo a lungo Antonietta Raphael (Kaunas 1895 - Roma 1975) è
stata vampirizzata da una consuetudine al maschile che spesso
(ancora) colpisce le donne nell'arte, oltre che oscurata da
quell'unione con il padre delle sue figlie, il pittore Mario
Mafai. Oggi è la Galleria Nazionale d'arte moderna e
contemporanea di Roma a raccontarla con "Antonietta Raphael.
Attraverso lo specchio" (fino al 30 gennaio), mostra curata da
Giorgia Calò e Alessandra Troncone, con la supervisione
scientifica della figlia Giulia Mafai (scomparsa appena due mesi
fa) e la collaborazione di Ariel Mafai Giorgi. "La straniera di
passaggio, così la presentava Mafai", raccontano le curatrici,
che hanno costruito un percorso attraverso la sua ricca
produzione, fatto di rimandi e sdoppiamenti, "allo specchio",
appunto.
Quattro le aree tematiche: l'autoritratto con anche il
celebre dipinto che la vede in tuta blu da lavoro e molti
"riflessi" nelle opere di Mafai; la femminilità e maternità, con
il drammatico Il parto (quando ebbe la prima figlia la Raphael
era sola e non sposata nella Firenze del 1926) e la scultura Tre
sorelle; le origini ebraiche, con la Giuditta e Oloferne che,
secondo alcuni, ha il volto dello stesso Mafai; e infine il suo
entourage con i ritratti di figure chiave come Giacomo Manzù e
Renato Guttuso. "Tra gli inediti - aggiungono le curatrici - il
passaporto che si temeva perduto, con la data di nascita
visibilmente modificata, forse per ridurre la differenza di età
con Mafai. E il ritratto di Giuseppe Berti". (ANSA).
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