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Barbero, Dante e gli ultimi tredici canti del Paradiso

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(ANSA) - ROMA, 12 SET - Nascosti in una stuoia, conficcati in una fessura nel muro della stanza da letto della casa di Dante a Ravenna, e recuperati solo dopo la morte del poeta, grazie a un sogno rivelatore del figlio Jacopo: la suggestione del ritrovamento degli ultimi 13 canti del Paradiso, antica quanto il 'Trattatello in laude di Dante' di Giovanni Boccaccio (1477), torna alla fine del film 'Dante', l'opera di una vita di Pupi Avati, con Sergio Castellitto nei panni di Giovanni Boccaccio e Alessandro Sperduti in quelli del poeta ragazzo, prodotto da Duea Film e Rai Cinema, in sala dal 29 settembre con 01. "Si tratta di una leggenda, certo, che però dimostra come Dante fosse già famosissimo quando è morto, nel 1321", spiega all'ANSA Alessandro Barbero, storico, docente universitario, scrittore, 'rockstar' da centinaia di migliaia di visualizzazioni su YouTube e Spotify per le sue lezioni, autore di 'Dante' (Laterza). "I dotti, i letterati lo conoscevano, avevano letto l'Inferno e il Purgatorio che Dante aveva pubblicato subito. Nel caso del Paradiso, il poeta, forse perché sentiva avvicinarsi la fine, non aveva aspettato di completare la cantica per diffonderla: mancava all'appello la conclusione della Commedia, tutti erano ansiosi di conoscerla".
    L'idea che il poeta stesso sia apparso in sogno al figlio Jacopo per rivelare dove avesse nascosto gli ultimi canti del Paradiso "non è credibile di per sé, ma è una bellissima storia", si appassiona Barbero.
    Il 'Dante' di Avati ricostruisce la vicenda umana del poeta affidandola al racconto di Boccaccio-Castellitto, incaricato nel 1350 di portare 10 fiorini d'oro - come risarcimento simbolico per l'esilio a cui Dante era stato condannato - a Suor Beatrice, figlia del poeta, monaca a Ravenna. Un percorso che vuole affascinare i ragazzi, facendo luce su "un Dante giovane, imbranato, che si innamora di Beatrice e va in confusione quando la vede. Non se ne può più - si infiamma lo storico - del Dante padre della patria, arcigno, corrucciato, che ci guarda con disprezzo". Il regista, poi, "ha scelto giovani attori bravissimi (accanto a Sperduti, Carlotta Gamba è Beatrice, Romano Reggiani è Guido Cavalcanti, ndr)". Il risultato è "un gran bel film". (ANSA).
   

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